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L’Avviso di addebito emesso in conseguenza di accertamenti unificati

1.Dalla cartella esattoriale all’avviso di addebito.


Nel sistema del recupero dei crediti previdenziali, il legislatore, con il d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni in l. 30 luglio 2010, n. 122, ha previsto un nuovo sistema di recupero dei crediti Inps, stabilendo la sostituzione del procedimento fondato su cartella esattoriale e ruolo[1] con l’avviso d’addebito con valore di titolo esecutivo.

Il nuovo sistema di riscossione è applicabile solo all’Inps, mentre ne restano esclusi gli altri Enti pubblici previdenziali, ed esclusivamente per il recupero dei crediti accertati dall’Istituto a partire dal 1° gennaio 2011, anche se di competenza di periodi antecedenti al 2012.

Dal 1° gennaio 2011, l’Inps, accertata l’esistenza di un credito contributivo, ha ancora la facoltà di inviare al debitore il cd. avviso bonario, ma, qualora, il debitore non paghi nel termine fissato nell’avviso bonario, l’Inps procede, direttamente ed autonomamente, alla formazione e alla notifica dell’avviso di addebito[2].

Di fatto è stata completamente soppressa la fase dell’iscrizione a ruolo e della consegna dello stesso all’agente della riscossione, con notevole riduzione dei tempi.

L’avviso di addebito deve essere opposto entra quaranta giorni dalla notifica, diventando, in caso contrario, definitivo.

Spirati inutilmente i termini per l’opposizione e per il pagamento, ha inizio la fase di esecuzione forzata.

[1] Prima della riforma in esame, l’Inps, accertata l’esistenza di un credito contributivo non versato, previa eventuale richiesta – che era mera facoltà dell’Istituto – di pagamento a mezzo avviso bonario, procedeva decorso inutilmente il termine di cui all’art. 24, comma 2, d.lgs. n. 46/1999, all’iscrizione a ruolo del credito previdenziale (e relative sanzioni ed interessi).

L’Istituto, una volta iscritti a ruolo i crediti e le relative sanzioni, cedeva a titolo oneroso gli stessi ad una società per azioni avente per oggetto esclusivo l’acquisto e la cartolarizzazione di tali crediti (la S.C.C.I S.p.A.), come previsto dall’art. 13, l. 23 dicembre 1998, n. 448 e, contestualmente, consegnava il ruolo ad Equitalia (l. 2 dicembre 2005, n. 248, art. 3), che si occupava del recupero coattivo del credito.

Equitalia, dopo aver ricevuto il ruolo, individuava le singole posizioni debitorie e formava una cartella di pagamento per ognuna di esse. La cartella, costituita da un estratto del ruolo, veniva notificata da Equitalia al debitore.

Sino al 1° gennaio 2011, data di entrata in vigore della riforma, a Equitalia competevano sia la formazione della cartella di pagamento, sia l’esecuzione forzata.

[2] Ciò avviene anche nelle ipotesi in cui l’atto di accertamento o la diffida non siano seguiti da pagamento dell’importo contestato o dal ricorso amministrativo o giudiziale nei termini previsti.

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2.Cos’è l’avviso di addebito.

Benché la locuzione “avviso di addebito” possa indurre il contribuente a ritenere che si tratti di una “comunicazione informativa”, similmente all’avviso bonario, come detto l’avviso d’addebito è un titolo esecutivo.

Più precisamente, titolo esecutivo è un atto giuridico necessario e sufficiente per attivare il procedimento di esecuzione forzata, qualora il debitore non paghi spontaneamente il debito.

L’avviso di addebito, come detto, viene formato direttamente dall’Ente creditore, che in questo modo può procedere celermente al recupero del credito.

Tuttavia, come la giurisprudenza riconosce né l’avviso di addebito, né le cartelle di pagamento sono atti idonei a formare giudicato[3], poiché diversamente dalle sentenze – e anche dal decreto ingiuntivo, al quale per molti aspetti possono essere equiparati – non sono di formazione giurisdizionale, bensì sono prodotti unilateralmente dell’ente che si ritiene creditore.

Tale aspetto è di tale rilevanza da non consentire un’estensione analogica delle norme che regolano il giudicato[4].

Ne consegue che possono essere opposti all’avviso di addebito fatti estintivi o modificativi, quali ad esempio la prescrizione[5].

[3] Art. 324 c.p.c. – Si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell’articolo 395 [124 disp. att.]; art. 2909 c.c. –L’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa .

[4] In proposito cfr Cass. Civ. Sez. Un. 23397/2016: “è indubbio che sia la cartella di pagamento sia gli altri titoli che legittimano la riscossione coattiva di crediti dell’Erario e/o degli Enti previdenziali e così via sono atti amministrativi privi dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato”; cfr. anche: Cass. 12263/2007; Cass. n. 24449/2006; Cass. 8335/2003.

[5] Cfr. Tribunale di Catania, che con sentenza 3940/12 ha affermato che “l’intangibilità del credito che segue alla mancata opposizione del ruolo nel termine dei 40 giorni previsto, a pena di decadenza, dall’art. 24 d.lgs. n. 46/99, non preclude la possibilità di far valere con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. eventuali fatti estintivi … del credito controverso, formatisi successivamente a tale momento”, analogamente Corte d’Appello di Bologna 1560/17.

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3.Accertamenti unificati

Enunciato brevemente il funzionamento dell’avviso di addebito, occorre precisare che a seguito dell’introduzione degli “accertamenti unificati”, l’INPS può richiedere al contribuente il pagamento dei maggiori contributi accertati dall’Amministrazione finanziaria, nell’ipotesi in cui, con l’atto di accertamento, emergano maggiori redditi ai fini fiscali, che comportino il superamento della soglia del reddito minimale, ai fini previdenziali.

L’Ente previdenziale, senza ulteriori accertamenti, può procedere alla riscossione del maggior contributo, semplicemente recependo, nell’avviso di addebito notificato, il contenuto dell’atto ispettivo.

Tale meccanismo ha prodotto delle evidenti storture.

In particolare, il contribuente che si vedeva notificare l’avviso di addebito dall’INPS nelle more del contenzioso tributario si trovava nella condizione di dover proporre opposizione all’avviso di addebito, senza tuttavia aver nulla da contestare, poiché l’accertamento del maggior reddito sul quale calcolare i contributi è riservato al giudice tributario.

Il contribuente si trovava nell’illogica situazione di dover decidere se avviare un procedimento innanzi al giudice del lavoro, senza poter tuttavia formulare una difesa compiuta, essendo questa evidentemente possibile solo all’esito del contenzioso in sede tributaria, o rinunciare all’opposizione, formulando istanza di sgravio totale o parziale, a seguito dell’accoglimento delle proprie domande innanzi alle competenti commissioni tributarie.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8379/2014, ha tentato di ricondurre il sistema a razionalità, affermando “in materia d’iscrizioni a ruolo dei crediti degli enti previdenziali il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 3, il quale prevede la non iscrivibilità a ruolo del credito previdenziale sino a quando non vi sia un provvedimento esecutivo del giudice qualora l’accertamento su cui la pretesa creditoria si fonda sia impugnato davanti all’autorità giudiziaria, va interpretato nel senso che l’accertamento, cui la norma si riferisce, non è solo quello eseguito dall’ente previdenziale, ma anche quello operato da altro ufficio pubblico come l’Agenzia delle entrate, né è necessario, ai fini di detta non iscrivibilità a ruolo, che, in quest’ultima ipotesi, l’INPS sia messo a conoscenza dell’impugnazione dell’accertamento davanti all’autorità giudiziaria anche quando detto accertamento è impugnato davanti al Giudice tributario”.

Dunque, secondo la Cassazione, l’INPS errava a notificare l’avviso di addebito, in pendenza del contenzioso tributario.

A seguito di tale pronuncia, era ragionevole ipotizzare che l’Istituto, per la notifica dell’avviso di addebito, avrebbe atteso l’esito dei contenziosi tributari pendenti.

Tuttavia, l’INPS, in alcuni casi, ha optato per procedere comunque alla notifica dell’avviso di addebito, formulando in caso di opposizione allo stesso, domanda subordinata che costringa il Giudice a pronunciarsi comunque nel merito. In questo modo, il Giudice, appurata la pendenza del contenzioso tributario, non può annullare l’avviso di addebito, in quanto prodotto illegittimamente, ma sospende il procedimento previdenziale in attesa dell’esito di quello tributario.

A parere della scrivente, l’atteggiamento dell’Istituto, sebbene formalmente corretto, non appare del tutto rispettoso del contribuente, costringendolo ad affrontare i costi di un giudizio, che con ogni probabilità si eviterebbero con la notifica dell’avviso di addebito solo a seguito del giudicato in materia tributario. Inoltre, costringendo il contribuente a difendersi contemporaneamente su due fronti, si produce un effetto negativo per l’intero sistema giudiziario, che vede il duplicarsi di contenziosi.

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Avvocato Manuela Lamberti

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